Antichi tesori della tradizione: La lenticchia di Castelluccio di Norcia

La lenticchia è uno tra i primi e più antichi alimenti domesticati dall’uomo, si ritiene che sin dal Neolitico fosse utilizzata dalle popolazioni nomadi della Mezzaluna Fertile. Si data che in Egitto già nel 525 A. C. le navi dei faraoni rifornissero regolarmente i porti greci ed italiani di lenticchie.
La gastronomia greca era ben nota per l’ampio uso di vegetali, ed era consuetudine preparare ricche zuppe di lenticchie e ceci. Anche per gli Etruschi la base alimentare era composta in prevalenza da legumi e cereali che producevano in grande quantità grazie anche all’introduzione della pratica della rotazione delle colture.
Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia ci racconta come le lenticchie fossero notevolmente apprezzate nell’antico impero romano per il grande apporto nutritivo e per la capacità di infondere tranquillità; erano diffuse specialmente tra i ceti più poveri, il popolino, quale pasto base.
Nel Medioevo i ceti più abbienti disdegnavano il legume per la sua semplicità preferendo cibi più ricchi ed elaborati così la lenticchia fu ben presto associata al pasto umile che si addice alle mense dei poveri o ai pasti conventuali.
L’essere relegata ad alimento poco pregiato non ne limitò comunque la diffusione e la lenticchia ancora oggi continua ad essere coltivata in tutto il territorio nazionale.
Una tra le più apprezzate e conosciute è la lenticchia di Castelluccio di Norcia insignita del marchio IGP proprio per le peculiari caratteristiche legate al contesto geografico dell’altipiano in cui cresce. La zona di coltivazione si estende su una superficie di circa venti chilometri quadrati all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini con un altitudine che varia dai 1400 ai 1600 metri sul livello del mare.
L’altipiano di Castelluccio si forma in età preistorica dal prosciugamento di un grande lago montano, il clima della vallata è caratterizzato da lunghi e rigidi inverni con innevamento da novembre sino a marzo e da gelate primaverili che si protraggono fino a giugno. L’estate è breve e con grandi escursioni termiche. Il terreno risulta molto ricco di sostanza organica, con una elevata presenza di fosforo e calcare che in questo specifico contesto climatico, ed abbinato all’altitudine, è uno degli elementi essenziali dell’unicità della lenticchia di Castelluccio.
In primavera, dopo lo scioglimento delle nevi, si procede ad una aratura non molto profonda dei campi destinati alla coltivazione. La semina avviene di solito nella seconda metà di Aprile e dopo circa un mese e mezzo si assiste alla fioritura delle piantine con piccoli fiori la cui gradazione va dal bianco iniziale al giallo, al rosso dei papaveri per finire poi con il blu creando uno spettacolo cromatico inimitabile. La pianta della lenticchia ha un altezza variabile tra i 20 e 40 cm e per crescere ha bisogno di molta acqua, per questa ragione in passato gli abitanti di Castelluccio erano soliti recarsi in pellegrinaggio nella chiesa di Santa Scolastica a Norcia a pregare la santa di concedere piogge copiose.
Anche il moderno metodo di coltivazione della lenticchia non prevede l’utilizzo di sostanze chimiche, grazie alla notevole resistenza del legume ai parassiti.
I precoci freddi autunnali accorciano il periodo di maturazione del legume che va raccolto generalmente entro la prima meta di Agosto e attualmente la raccolta avviene per via meccanica con macchinari leggeri, data la delicatezza delle piante e dei baccelli, che altrimenti potrebbero aprirsi e disperdere il prodotto. In passato, invece, la “carpitura”, in dialetto locale, avveniva totalmente a mano ad opera delle “carpirine”, manovalanza femminile specializzata proveniente dai paesi limitrofi appositamente per la raccolta.
Alla fase della raccolta segue quella dell’asciugatura che deve essere lenta. Le piante, posizionate in mucchi piccoli disposti a file parallele, vengono coperte cosicché i raggi del sole, molto forti a queste altitudini, non intacchino i baccelli. Una volta asciugati i semi vengono divisi dai residui di paglia con le trebbie; alcuni agricoltori utilizzano ancora vecchie trebbie con battitori molto lenti, perché la minore velocità di rotazione consente una pulitura più profonda senza correre il rischio di rompere il seme.
La lenticchia di Castelluccio si distingue dalle più comuni per la forma tondeggiante ed appiattita con semi piccoli e dall’aspetto tigrato il cui colore varia dal verde al marrone chiaro.
La buccia particolarmente fine consente che non vi sia necessità di messa a bagno molte ore prima della cottura.
Le proteine contenute nelle lenticchie ne fanno un cibo dall’alto valore nutritivo e secondo i più recenti studi scientifici una alimentazione che predilige tale alimento costituisce una forma di prevenzione contro le malattie del cuore oltre che contribuire ad abbassare colesterolo e pressione.

Articolo a cura di Elisa Marchioro