L’insospettabile talento delle piante. I segreti del loto

Si chiama fior di loto il fiore di una pianta acquatica originaria dell’Asia e dell’America, chiamata Nelumbo; al genere nelumbo appartengono solo due specie: nelumbo nucifera, di origine asiatica, detto anche loto sacro; e Nelumbo lutea, o loto americano. In Italia in vivaio si trovano generalmente esemplari della specie asiatica, assieme ad alcuni ibridi, che spesso sono più resistenti e vigorosi della specie botanica.
I nelumbo sono piante di grandi dimensioni. Producono un ampio piede semi legnoso, costituito da radici rizomatose, che tendono ad affondare nel terreno; dalle radici si ergono vigorosi fusti cilindrici, rigidi ed eretti, che portano grandi foglie cordate o tondeggianti, ed i grandi fiori rosati o bianchi. Le foglie del loto sono di colore verde grigiastro, e sono ricoperte da sostanze che le rendono completamente idrorepellenti; sono abbastanza coriacee, e spesso, così come i fiori, si elevano al di sopra del pelo dell’acqua, e difficilmente le si vede tutte completamente immerse o galleggianti, al contrario di quanto avviene per le ninfee. Quando il fiore appassisce, rimane per giorni sul fusto rigido un ampio baccello, che con il passare dei giorni diviene legnoso, a forma di imbuto, che viene spesso utilizzato, disseccato, nelle composizioni floreali. Queste piante, nonostante la loro bellezza esotica, sono di facile coltivazione, soprattutto se si dispone di un piccolo laghetto abbastanza profondo, almeno 30-40 cm; possono venire coltivati anche in ampi vasi per idroponica, o in altri contenitori, purché abbiano una buona quantità di acqua e di spazio. Sono piante resistenti e vigorose, che non temono il gelo, fino a che restano in acqua non ghiacciata; se viviamo in una zona dove l’inverno è decisamente molto rigido, con gelate assai intense e prolungate, possiamo coprire il laghetto con agritessuto, oppure coltivare il nostro fiore in un vaso, da spostare al coperto in caso di gelo intenso; in ogni caso, se l’acqua non è completamente ghiacciata, possono rimanere all’aperto anche in caso di sporadiche e lievi gelate. In Italia esiste un enorme laghetto di fiori di loto nello spettacolare giardino di Villa Taranto, a Verbania, dove gli inverni non sono sicuramente miti, seppur riscaldati dalla vicinanza del lago.
I tuberi semi legnosi vanno interrati sul fondo del laghetto; per fare ciò muniamoci di un vaso grigliato, posizioniamoci il tubero, con il germoglio in alto, e copriamo tutto il tubero con un composto sufficientemente compatto, in modo che rimanga in posizione una volta affondato il vaso nell’acqua. Se vogliamo porre a dimora il loto in un grande vaso, posizioniamo il tubero sul fondo, e quindi copriamo con terriccio apposito per piante acquatiche, fino a raggiungere la base del germoglio, che andrà lasciata al di fuori del terreno. Quindi copriamo completamente con l’acqua, oppure poniamo il vaso ancorato sul fondo del nostro laghetto. Se possediamo un piccolo laghetto in giardino, evitiamo di porre a dimora il loto al di fuori di un vaso, perché tende con il tempo a divenire invasivo, e la presenza del vaso ci aiuterà a mantenere il tubero compatto nel corso degli anni.
Queste piante non necessitano di ulteriori cure, se non periodiche fertilizzazioni con concimi specifici per piante acquatiche.

Ma oltre ad un semplice valore ornamentale, che nelle culture orientali occupa un posto di particolare riguardo, alcune industrie, stanno studiando in laboratorio le caratteristiche che rendono le sue foglie assolutamente impermeabili. Lo scopo è arrivare a imitarne la struttura, per produrre vernici e materiali idrorepellenti.

Fonte: www.ilgiardinaggio.it