Antichi tesori della tradizione: Il Farro di Monteleone di Spoleto

Il farro quale componente base della tradizione alimentare ha radici antichissime, gli archeologi hanno accertato come fosse conosciuto ed utilizzato già dagli antichi egizi, seppure si ritenga che la terra d’origine fosse la Palestina e che poi si sia diffuso grazie alle popolazioni nomadi.
In Italia il farro fu sicuramente il primo cereale ad essere coltivato, prima dagli etruschi ed in seguito dai romani, per i quali era un alimento base, tanto che i suoi semi accompagnavano i legionari per essere seminati e garantire sostentamento agli eserciti romani quando avessero creato nuovi insediamenti.
Ad esso era legato anche un antichissimo rito religioso, la confarreatio, durante il quale la spartizione di una focaccia di farro dinanzi a dieci testimoni sanciva la contrazione del matrimonio.
Grazie al grande utilizzo che se ne faceva prima che fosse soppiantato in gradimento dal grano tenero e duro, con maggior resa e costo di lavorazione inferiore, il farro ebbe il tempo di diffondersi su tutto il territorio nazionale.
Il “Farro di Monteleone di Spoleto” è il primo farro Dop d’Europa, iscritto con Regolamento n. 623/2010 nel Registro europeo delle Denominazioni d’origine e Indicazioni geografiche protette; gli archivi della città ne attestano con certezza la diffusione sin dal XVI secolo, sebbene in una tomba etrusca del VI secolo A.C. sita in loco siano state rinvenute delle cariossidi di farro presumibilmente del tipo Triticum Dicoccum, la medesima coltivata oggi, ad ulteriore prova della lunga tradizione che lega la comunità alla coltivazione del farro.
Presumibilmente la coltivazione non è caduta in disuso nella zona grazie al rituale religioso del “Farro di San Nicola” secondo il quale ogni 5 Dicembre il parroco del paese prepara una minestra di farro condita con sugo di magro la quale verrà poi distribuita a tutti gli abitanti, con precedenza ai bambini, a memoria del miracolo che la tradizione attribuisce a S. Nicola. Si narra che il santo, passando per Monteleone, rimase impressionato dalla indigenza dei suoi abitanti e a garanzia di un sicuro sostentamento. avrebbe consegnato loro il farro.
L’aerea montana di produzione del farro di Monteleone è collocata ad un altitudine di circa 700 metri sul livello del mare, il seme, appartenente all’ecotipo Triticum Dicoccum, nel tempo si è adattato al clima ed al tipo di terreno locale assumendo le caratteristiche che lo distinguono dagli altri tipi di farro e gli conferiscono la denominazione DOP.
Infatti, si ritiene che il colore ambrato della cariosside (il frutto secco) e la consistenza vitrea alla frattura sia da imputare ai terreni calcarei sassosi che impediscono il ristagno dell’acqua nelle stagioni umide. Inoltre, le particolari caratteristiche climatiche, caratterizzate da lunghi e rigidi inverni con gelate che si protraggono sino a maggio ed estati dalle temperature non troppo elevate hanno selezionato ulteriormente l’ecotipo rendendolo unico ed indissolubile con il territorio.
Grazie alla resistenza di questo cereale alle comuni malattie ed agli agenti infestanti, i terreni in cui viene coltivato non hanno bisogno di utilizzare diserbanti ed antiparassitari; la spiga affusolata, compatta con la giumella che resta aderente alla cariosside richiede una successiva sgusciatura e dopo la trebbiatura il seme deve essere liberato dal suo rivestimento, un operazione piuttosto complessa tanto che, un tempo, si doveva “sfarrare” la granella frantumandola con macine di pietra azionate a mano. Anche la pulitura avveniva manualmente e con fatica, lanciando in aria il farro spezzato affinché il vento lo liberasse dalla pula.
Il farro di Monteleone di Spoleto generalmente si trova nelle tipologie di Farro Integrale, Semiperlato, più chiaro del primo ed indicato per minestre ed insalate, Spezzato, grazie ad un processo che avviene con una macchina vagliatrice e che gli conferisce una colorazione marrone ambrata a scaglie vitree, Semolino, ottenuto per molitura del farro integrale, e la Farina dal color tabacco chiaro. A secondo della tipologia sopra indicata si adatta meglio ad alcune ricette piuttosto che ad altre, granuloso è indicato per polpette o minestre, in grani come il riso si adatta a piatti freddi, insalate, supplì e gallette, la farina è molto indicata per dolci tipo crostate, biscotti e focacce varie.
È meglio conservarlo in luoghi freschi ed asciutti, sottovuoto o in contenitori di vetro e bisogna considerare che se è decorticato o triturato non necessita ammollo e cuoce in circa mezz’ora, altrimenti va lasciato a bagno per almeno dodici ore prima di cuocerlo.

Articolo a cura di Elisa Marchioro

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