Antichi tesori della tradizione: Sedano nero di Trevi

Non si conosce precisamente la terra d’origine di questo saporito ortaggio, alcuni studiosi ritengono possa essere l’attuale Turchia, ma non vi sono certezze a riguardo in quanto non si è potuto risalire al progenitore selvatico dell’attuale sedano domesticato. Quello che invece sappiamo, attraverso la lettura degli antichi testi e grazie al lavoro degli archeologi, è che nell’antica Grecia il sedano era considerato pianta sacra tanto da venire effigiato persino sulle monete della città di Selinunte, in Sicilia, importante centro di produzione e commercio dell’ortaggio.
Sin da allora il sedano ha avuto grande importanza nella farmacopea quale ortaggio dalle proprietà sanatorie, in primo luogo per le note virtù digestive e diuretiche, poi per quelle stimolanti, fortificanti e antireumatiche.
Secondo Ippocrate il sedano era il rimedio perfetto per i nervi sconvolti. Omero stesso gli attribuiva proprietà divine, come testimonia il passo dell’Iliade dove Achille, grazie al sedano, guarisce dalla grave malattia il proprio cavallo.
In epoca romana il sedano veniva utilizzato abbondantemente in cucina, ed ancora in epoca medievale ne erano consigliate le virtù terapeutiche.
Santa Ildegarda di Bingen, studiosa di medicina ed erboristeria, riteneva che fosse possibile combattere la “tetraggine”, oltreché la gotta e l’artrite, con la polverizzazione dei suoi semi.
In passato, poi, il sedano era noto finanche per le sue proprietà afrodisiache, Savonarola stesso metteva in guardia le donne dal mangiarlo, perché si riteneva istigasse al coito anche coloro che volevano rimanere caste.
Tuttavia nel Settecento, in Francia, il sedano assurse di gran moda quale stimolante erotico, crudo in salsa piccante oppure cotto in una minestra cremosa.
In Italia, la varietà dulce, sedano da costa, è presente dal XVII secolo ed in prossimità di Trevi la sua coltivazione si diffonde nel XVIII secolo, grazie alle opere di bonifica realizzate dal Cardinale Lodovico Valenti, vescovo di Rimini. Sotto sua disposizione si scavò l’Alveolo, poco più di un fosso che prende origine dal Clitunno, da località Faustana a località Pietrarossa.
Le prime prove certe della coltivazione del Sedano Nero a Trevi sono depositate presso l’archivio comunale della città e constano di alcune lettere, datate 1889, dove si fa richiesta al primo cittadino dei semi della pianta.
Già alla fine del diciannovesimo secolo il seme era commercializzato sia in Italia che all’estero ed il Sedano Nero veniva fornito come alimento ai passeggeri delle navi che ai tempi dello Stato Pontificio solcavano la rotta da Genova, Livorno, Napoli verso le Americhe, perché, oltre a essere un ottimo secondo piatto, si conservava a lungo.
La fine della Seconda Guerra Mondiale e le grandi necessità alimentari conseguenti comportarono una larga diffusione, anche in Europa, delle varietà di sedano autoimbiancanti che richiedevano meno lavoro; ciò ebbe un’enorme ripercussione sulla coltivazione del Sedano Nero che scomparve quasi completamente.
Il Sedano Nero si distingue e si caratterizza rispetto al sedano comune perché richiede un processo di imbiancamento da svolgersi manualmente qualche settimana prima della raccolta. La cura maggiore influisce direttamente sul valore del prodotto e ne migliora le qualità finali; infatti, la pratica di legare le coste al disotto delle foglie ed interrarle nuovamente oppure incartarle, in passato si usava anche avvolgere il sedano nella paglia, permette di ottenere un sedano dalle coste bianche e croccanti, privo della consistenza filamentosa e dalla lunghezza notevolmente superiore al sedano più diffuso.
Un altro fattore fondamentale che ne caratterizza, oltre che la denominazione, anche la pregiata qualità, si deve sicuramente alla zona di coltivazione compresa tra l’abitato di Borgo Trevi ed il fiume Clitunno. Qui la terra è argillosa, umida e molto fertile, e il sedano coltivato in questa zona, nota con il toponimo di Canapine perché particolarmente adatta alla coltura della canapa che in passato vi veniva coltivata, viene annaffiato con le acque del fiume Clitunno che si dice influiscano sul pregio della resa finale.
Secondo la tradizione la semina va effettuata durante la Settimana Santa, meglio se il Venerdì Santo,   in buchette aperte con un cavicchio di legno. Dopo circa tre mesi le piantine vengono trapiantate su terreno concimato ed arato e disposte a file doppie. Periodicamente si effettuano ulteriori concimazioni e regolari annaffiature con acqua dei fossi campestri alimentati esclusivamente dalle acque sorgive del fiume Clitunno. I sedani giungono a maturazione in ottobre e di seguito vanno imbiancati, la durata di tale procedimento generalmente varia tra le due e le sei settimane. Il sedano viene poi raccolto, lavato e depositato in gabbie di legno.
La terza domenica di ottobre, in occasione della Mostra Mercato e della “Sagra del Sedano Nero e della Salsiccia”, il sedano viene destinato in parte alla vendita ed in parte al consumo nelle taverne della città e nei ristoranti dove se ne valorizza al meglio il sapore particolarmente intenso.
Ad ulteriore tutela della varietà è stato avviato anche uno dei presidi Slow Food, pertanto al momento della semina i vigili del comune registrano puntualmente i quantitativi messi a dimora e stimano le rese in base alle quali assegneranno le fascette con il nome del produttore. L’obiettivo del Presidio è principalmente quello di diffondere la conoscenza di questo ortaggio oltre i confini umbri per arginare il rischio della sua definitiva scomparsa, non si può negare, infatti, che nella cultura culinaria moderna, il sedano venga spesso relegato in secondo piano rispetto agli altri ortaggi.
Articolo a cura di Elisa Marchioro